lunedì, novembre 26, 2007

Mille mondi... un unico mondo...

"Every quantum transition taking place on every star, in every galaxy, in every remote corner of the universe is splitting our local world on earth into myriads of copies of itself." (di B. S. DeWitt)
E' nella molteplicità infinita di mondi possibili che la nostra mente vuole perdersi e realizzare se stessa. Niente limiti. Nessun fine. Nulla torna, perchè tutto è.

venerdì, novembre 23, 2007

La scienza della superstizione

La società umana nel corso della sua storia a un certo punto ha operato una scelta, potente, profonda, fondamentale: ha scelto che occorreva stabilità a se stessa ma anche a tutto quello che la circondava, mondo compreso. Realtà soprattutto.
Ogni cosa ha un ordine precostituito che l'uomo in quanto tale ha la possibilità, il compito, il dovere di trovare, esplicitare e manifestare tramite il più ordinato dei linguaggi, quello della scienza.
Chi ha scelto? E soprattutto, perchè hanno scelto per me?
Non voglio che il mondo sia ordinato, non voglio che la rete per spiegare delle macchie casuali sia scelta da qualcuno. Non voglio la rete. Anzi, voglio la libertà di cambiare le maglie ogni volta che voglio, perchè tanto le macchie sono sempre e solo macchie. Accidenti contingenti.
Il necessario del mondo è Altrove. Ed è lì che la rete degli Altri non ci vuole fare andare. Nella crepa. Nell'indicibile. Nell'ineffabile.
Rifiuto questa scienza della superstizione.

martedì, novembre 20, 2007

Zattere...

La zattera va abbondanata, se a parole si vuol dire ciò che non può essere detto il linguaggio necessariamente deve muoversi oltre i confini del tertium non datur:
Shariputra, tutto ogni cosa vuoto segno: non nasce-muore, non puro-impuro, non cresce-decresce. Shariputra, ora nel vuoto non c’è forma sensazione percezione volontà coscienza, occhio orecchio naso lingua corpo mente, non più colore suono olfatto gusto tatto pensiero, non più coscienza regno della vista fino a coscienza regno del pensiero, non più buio-luce nè vecchiaia-morte, fine di vecchiaia-morte, dolore brama estinzione strada. Non più sapere, non è vantaggio-svantaggio.(dal Maka Hannya Haramitta Shingyō)
Parole del mio caro compagno del dharma.

lunedì, novembre 19, 2007

Parole di un Dio

Eccomi, sono qui, in questa terra di Tebe, io, figlio di Zeus,
Dionìso: mi genera - un tempo - la vergine di Cadmo,
Sèmele, aiutata nel parto dal fuoco della folgore.
Ho mascherato la mia forma, da dio che sono a uomo,
e sono qui alla fonte di Dirce e alle correnti dell’Ismeno.
Vedo la tomba di mia madre, lei, la folgorata,
là vicino al palazzo, e vedo le macerie della sua camera
in fumo, avvampate dal fuoco ancora vivo di Zeus:
non muore il rancore di Hera per lei, mia madre.
Io lodo Cadmo che ha reso questo luogo impenetrabile:
un reliquiario della figlia sua. Io l’ho velato
con corone di tralci e grappoli di vite.
Ho lasciato le piane ricche d’oro di Lidia
e di Frigia e le plaghe di Persia, sferzate dal sole,
e le muraglie della Battriana e la terra gelata
dei Medi; ho attraversato l’Arabia felice
e tutta l’Asia adagiata lungo il mare salato,
incrocio di razze greca e barbara,
che ha città con belle torri,
e per la prima volta sono giunto in questa città di Greci.
E in quelle terre ho danzato la mia danza e fondato
i miei misteri, per rivelare ai mortali la mia divinità,
e ora, di questa terra greca, Tebe, per prima,
ho scosso col mio grido, l’ho coperta di pelle di daino,
ho messo nelle sue mani il tirso, arma di edera:
merito delle sorelle di mia madre - e proprio loro non dovevano farlo:
spargevano la voce che io, Dionìso, non sarei figlio di Zeus,
che lei, Sèmele, fatta donna da un uomo qualunque,
incolpava Zeus del peccato commesso nel suo letto
- astuzia davvero ispirata di Cadmo! -; e per questo godevano a sparlare,
piene d’invidia, che Zeus l’uccise, per la menzogna delle nozze.
E per questo io, fuori di casa l’ho sferzate col pungolo del mio delirio,
le ho spinte sul monte e là abitano segnate nella mente dalla mia follia,
costrette a vestire i paramenti dei miei riti,
e tutto il seme femminile dei Cadmei, tutte le donne,
le ho strappate alle case, in preda al mio furore.
E ora mischiate insieme alle figlie di Cadmo
giacciono sotto verdi abeti, tra rocce a cielo aperto.
Deve imparare bene questa città, fino in fondo, e anche contro la sua volontà,
che cosa significa non essere iniziati ai misteri di Bacco.
E io devo provare l’innocenza di Sèmele, mia madre:
e così rivelerò me stesso dio, quel dio che lei partorì a Zeus.
Cadmo ha ceduto il suo prestigio di tiranno
a Pènteo, nato da sua figlia Agàve,
e costui fa guerra solo alla mia divinità:
dai sacrifici mi esclude e nelle sue preghiere mai mi ricorda.
Ecco perché rivelerò a lui e a tutti i Tebani
il dio che è in me. Farò ordine qui,
poi muoverò il passo verso un’altra terra,
ma solo dopo la mia rivelazione. E se la città dei Tebani,
infuriata, si proverà con le armi a cacciare le Baccanti dal monte,
sarò io ad attaccare e guiderò un esercito in preda al furore.
Per questo ho preso forma mortale,
per questo mi sono trasformato e fatto uomo.
Ma voi, che avete lasciato il Tmolo, muraglia di Lidia,
mio tiaso, donne che da terre barbare
ho portato con me, mie compagne d’imprese e di strada,
su in alto i tamburi della terra dei Frigi
- invenzione di Rea Madre e mia -,
accerchiate questa reggia di Penteo
e fateli risuonare: ché veda la città di Cadmo!
Io salirò alle gole del Citerone:
là sono le Baccanti e là mi unirò ai loro cori.
(parole di Dioniso, dalle Baccanti di Euripide)

martedì, novembre 13, 2007

Metafisica della Fisica

"La vera difficoltà sta nel fatto che la fisica è un tipo di metafisica; la fisica descrive 'la realtà'. Ma noi non sappiamo cosa sia “la realtà”, se non attraverso la descrizione fisica che
ne diamo di essa." (da una lettera a Schrödinger di A.Einstein)

Demolire tutto, questo sta accadendo nella mia mente: ogni categoria, ogni oggetto, ogni concetto si sta demolendo, inesorabilmente e a una velocità sempre crescente. Un vortice di distruzione nel quale vedo sempre apparire, rimanere e stabilizzarsi la strada dello sciamano, mitica, metafisica, ma più reale di quello che per anni ho pensato fosse solido quanto la pietra. Eppure sapevo benissimo che la pietra non è fatto solida. Mi illudevo.

lunedì, novembre 12, 2007

Linguistica sul campo

"To be is to be the value of a bound variable" (di Willard Van Orman Quine)

Come al solito il mio unico compagno di dharma mi regala una nuova chicca sulla quale riflettere.. e tanto farò in questa serata d'autunno... grazie.

domenica, novembre 11, 2007

Dualismo e spesso dualità.

Il dualismo è l'essenza della nostra vita, della nostra cultura, della nostra coscienza: nasciamo, cresciamo e probabilmente muoriamo pensando in termini di dualità. Per molti di noi, il mondi è costituito da un'insieme di "fenomeni" che rientrano sempre e solo in due categorie, in conflitto fra di loro, che mai possono sussistere nella realtà (ovvero nella nostra mente) nello stesso tempo.
Il satori non è altro che il momento nel quale questo dualismo viene abbattuto e il mondo si rivela per quello che è. La totalità dei fatti, niente di più. Niente di meno.
"Guardiamo alle cose stesse! L'unico modo di investigare il senso di ciò che si manifesta è di considerarlo come correlato di coscienza, come oggetto intenzionato." (di Edmund Husserl)

mercoledì, novembre 07, 2007

Se incontri il buddha per la strada... stai attento!

"Se incontri il buddha per la strada, uccidilo!" (antico koan Zen)
Uccidere il Buddha quando lo si incontra significa superare il mito del maestro, il mito del guru, il mito dello psicoterapeuta; significa rinunciare al ruolo di discepolo e distruggere la speranza che qualcun altro, all’infuori di noi, possa essere il nostro padrone - così spiega il koan Sheldon Kopp.
Non sono d'accordo, non in senso assoluto: è un'affermazione pericolosa quella di abbandonare il mito del maestro, in senso generale. Perlomeno senza essere passati per il mito del discepolo, il momento nel quale distruggiamo il nostro io sociale e intellettivo. Solo allora ha senso di parlare di eliminazione del mito del guru, perchè altrimenti si cade o si rischia di cadere in una situazione di fai-da-te, dove nessun punto morale è fissato, nè dentro di noi nè fuori di noi. E il punto morale, uno punto fisso di tutta la massa anarchica che è l'esistenza umana, è necessario più dell'aria.

lunedì, novembre 05, 2007

Assorbi ogni dolore, uomo

A volte l'uomo è straordinariamente, appassionatamente innamorato della sofferenza. (Fëdor Michajlovic Dostoevskij)

I problemi esistono per essere superati, così la pensavo e l'ho pensato per molti anni della mia vita: prove necessarie per fortificare il proprio animo e mettere alla prova la propria determinazione. Bella stupidaggine, anzi no, proprio una gran bella cazzata questa.
A volte i problemi li cerchiamo con tutte le nostre energie, senza volerli realmente, ma solo perchè i problemi si portano dietro la sofferenza, che ci rende vivi, ci fa sentire questo corpo di carne e sangue che abbiamo. E allora non possiamo solo superarli, dobbiamo viverli in ogni aspetto, assorbirli come delle avide spugne: dobbiamo desiderare che la sofferenza occupi ogni porzione del nostro essere, ogni spazio fra la carne e le ossa e quando ogni goccia di sangue sarà intrisa di dolore, allora ci sentiremo vivi.
Solo allora, assorbendo ogni sofferenza, avremo vissuto.

sabato, novembre 03, 2007

respirare... solo respirare

Uno, due, tre, quattro... respirare, importa solo respirare: profondamente, velocemente, oltre le proprie possibilità, oltre ogni blocco fisico.
Uno, due, tre, quattro... respirare, importa solo respirare: incessantemente ingerire aria con forza e buttarla fuori con la stessa forza, veloce, spasmodicamente, con furia assoluta.
Uno, due, tre, quattro... respirare, importa solo respirare: così la realtà fisica si distrugge e inizia il viaggio più imporante di tutti, quello nel Sé, nell'Io, fino alla sua morte, fino a Dio.
Uno, due, tre, quattro... respirare, importa solo respirare: ogni altra cosa è solo un accidente e non può e non deve distrarre.
Respirare... respirare... respirare...