giovedì, settembre 27, 2007

E' tutta colpa della luna piena!

"It is the very error of the moon.
She comes more near the earth than she was wont
And makes men mad"
(William Shakespeare, Otello atto 5, scena 2, v. 109-11)

Nella mitologia greca, la Luna era rappresentata nelle sue 3 fasi da tre dee: Selene (la Luna Piena), Artemide (la Luna Nuova) ed Ecate (la Luna Calante), tre divinità che rappresentano aspetti ben precisi dell'essenza femminile dell'Universo. In particolare Selene (semplicemente Luna per il popolo romano) è una bella donna con il viso bianco e affastinante, che indossa lunghe vesti morbide anch'esse bianche e che reca sulla testa una luna crescente e in mano regge fiera una torcia: si racconta che per far innamorare di sè un mortale non ebbe paura di farlo dormire per sempre, pur di essere certa di poterlo andare a trovare ogni notte... si sa come sono le donne: pericolose, nell'amore come nell'odio!
Ci sono diverse credenze popolari che concedono alle giornate di luna piena particolari caratteristiche, pericolose e magiche: e allora ecco spiegato perchè in queste notti di luna piena il mio spirito è così inquieto. Nel passato forse sono stato un amante di Selene, o forse in una delle mie vite ho mirato il suo viso nella notte per troppo tempo: così malinconia mi prende ogni volta che lei giunge, ricordando nel cuore quei giorni e sognandone altri.
Ti prego fa presto Selene e scompari dal cielo, concedendomi riposo...

"Luna, tu parli solamente a chi è innamorato
chissà quante canzoni ti hanno già dedicato
ma io non sono come gli altri
per te ho progetti più importanti."
(Gianni Togni)

martedì, settembre 25, 2007

il Sogno

La notte impone a noi la sua fatica
magica. Disfare l'universo,
le ramificazioni senza fine
di effetti e di cause che si perdono
in quell'abisso senza fondo, il tempo.
La notte vuole che stanotte oblii
il tuo nome, i tuoi avi ed il tuo sangue,
ogni parola umana ed ogni lacrima,
ciò che poté insegnarti la tua veglia,
l'illusorio punto dei geometri,
la linea, il piano, il cubo, la piramide,
il cilindro, la sfera, il mare, le onde,
la guancia sul cuscino, la freschezza
del lenzuolo nuovo...
Gli imperi, i Cesari e Shakespeare
e, ancora più difficile, ciò che ami.
Curiosamente, una pastiglia può
svanire il cosmo e costruire il caos.

(J. L. Borges)

domenica, settembre 23, 2007

La via degli antichi

Oggi è l'equinozio, in particolare c'è stato alle 9:51 UTC: un passaggio importante nell'antichità che tutte le popolazioni festeggiavano e ricordavano. Per molti è un giorno come un altro, ma per me non lo è stato: si è rivelato il degno primo giorno di una vita rivelata da poche parole e da fondamentali certezze, quelle di un viaggio, di un cambiamento da troppo tempo rimandato, di una strada finalmente percorsa, dopo che da tanto si parava davanti agli occhi. Il primo passo è stato fatto, lo penso con la mia testa e lo credo con il mio cuore: la via antica degli sciamani è una via che viene percorsa fino alla fine della propria vita, con ogni mezzo, fino a quando la verità non viene svelata. E un maestro illumina da vicino questo percorso: oggi mi sento davvero fortunato, forse benedetto. Hai visto, P.P., che gli Spiriti parlano in continuazione? Occorre solo starli a sentire... il thyrsos è stato in parte preparato... non c'è fretta: la strada degli antichi si apre sgombra davanti a me. Grazie!

Amici
guardatemi,
in un modo sacro
io ritorno.

Tu, tribù,
guardami,
in un modo sacro
io ritorno.

La gente che è sacra,
amici,
mi guarda,
in un modo sacro
io ritorno.

Tu, tribù,
guardami,
in un modo sacro
io ritorno.


(antico canto Sioux)

venerdì, settembre 21, 2007

L'abisso

Tra me e la mia coscienza c' è un abisso nel cui fondo invisibile scorre il rumore di un fiume lontano dai soli, il cui suono reale è cupo e freddo - Ah, in qualche punto del pensare della nostra anima, freddo e scuro e incredibilmente vecchio, in se stesso e non nella sua dichiarata apparenza. Il mio ascoltare è diventato il mio vedere quel sommerso fiume senza luogo. Il suo rumore silenzioso libera sempre il mio pensiero dal potere del mio pensiero di sognare. Una temibile realtà appartiene a quel fiume di mute, astratte canzoni che parlano della non realtà del suo andare verso nessun mare. Ecco! Con gli occhi del mio sognato sentire io sento il non visto fiume trasportare verso dove non va tutte le cose di cui è fatto il mio pensiero - il Pensiero in Sé, e il Mondo, e Dio, che fluttuano in quell' impossibile fiume. Ah, le idee di Dio, del Mondo, di Me stesso e del Mistero, come da uno sconosciuto bastione colpito, scorrono con quel fiume verso quel mare che non ha raggiunto né raggiungerà mai e apparterrà al suo moto legato alla notte. Oh, ancora verso quel sole su quella spiaggia di quell' inattingibile oceano!

(di Fernando Pessoa)

giovedì, settembre 20, 2007

Pensiero di lei... ancora... sempre...

Le stelle intorno alla luna bella
nascondono di nuovo l'aspetto luminoso,
quando essa, piena, di più risplende
sulla terra...
(Frammenti, Saffo)

martedì, settembre 18, 2007

Lupi della steppa

"Questo libro contiene le memorie lasciate da quell'uomo che, con un'espressione usata sovente da lui stesso, chiamavamo il "lupo della steppa"(dal Lupo della Steppa di Hermann Hesse)

Il lupo della steppa (Der Steppenwolf, 1927) è un libro duro, amaro e forte: parla della solitudine di un uomo poco piacevole, ma anche della solitudine in cui tutti noi viviamo e ci costringiamo a vivere, a volte senza motivo e altre volte per ottime ragioni. E' un libro che lascia il segno, una ferita, un piccolo squarcio difficile da sanare, difficile da ricucire... forse perchè ci si accorge che è una ferita che ci parla e ci insegna molte cose.
E allora ci si paralizza, bloccati nella dinamica crudele del non agire, divisi fra l'uomo, che vuole unirsi ai suoi simili nel mondo, e il lupo, che tende a estraniarsi e a fuggire tutto... una tensione che non produce reazione, uno stato di equilibrio terribile, circondato da invalicabili muri di convenzioni e di desideri inespressi...
Leggetelo questo libro, ne vale la pena e non voglio dirvi nient'altro se non che alcune volte preferisco anch'io una giornata di inteso dolore al posto di quelle giornate che ti scivolano addosso, fra la noia e la piacevolezza... capisco il povero Harry Haller e anche voi lo capirete...

martedì, settembre 11, 2007

Storie...

Da quando gli antichi scrissero le loro storie, tutta la letteratura prende avvio da un avvenimento che rompe con una presunta normalità. Questo schema narrativo si propone in tutti i romanzi ed oggi ci si chiederebbe: “Se non fosse così come potremmo scrivere dei romanzi?” E' diventato così naturale che il lettore non si chiede più qual era la “normalità” del prima che subendo una variazione viene a modificarsi diventando l'inizio di una narrazione.
La normalità del prima non è descrivibile, perché il prima di una storia è vissuto dai protagonisti privo di emozioni. Infatti non possiamo descrivere il prima (ogni storia ha i suoi accenni a ciò che era prima), ma possiamo cogliere le esigenze psichiche dei protagonisti che spingono gli avvenimenti. Il prima della storia sta stretto ai protagonisti. E' una sorta di “vecchio”, una sorta di già vissuto, già attraversato emozionalmente, già affrontato. Il prima della storia non è in grado di travolgere le emozioni di chi sta vivendo quella situazione. I protagonisti stanno vivendo una sorta di noia attiva. Noia per l'oggettività nella quale vivono e attiva perché percepiscono in loro la necessità d'azione non solo per coinvolgere le proprie emozioni, ma per fondere le proprie emozioni col mondo in cui vivono.
Tutto il mistero inizia qui.

lunedì, settembre 10, 2007

e le serate trascorrono...

Alcune volte ci sono dei momenti della propria vita che non si riescono a classificare, non si possono definire, non ricadono in nessuna delle categorie che abbiamo in mente, come bella giornata, brutta giornata, dura giornata.
Alcuni momenti ti scorrono addosso, concedendoti un piacevole brivido e una innaturale serenità: alcuni momenti sono fuori da ogni schema, banali se osservati, insipidi se raccontati, ma grandiosi quando li vivi.
Alcuni momenti sono come quelli trascorsi su un divano, aspettando ancora qualche minuto e sperando che il tempo si congeli e non scorra mai più.

mercoledì, settembre 05, 2007

Consapevolezza

Alan Watts riassume l’effetto prodotto delle sostanze psicotrope sulla propria coscienza in quattro fondamentali caratteristiche.
1) Concentrazione sul presente. La nostra abituale attenzione compulsiva per il futuro diminuisce e diveniamo consapevoli dell’importanza e dell’interesse di quanto sta accadendo nel presente.
2) Consapevolezza della polarità. La vivida comprensione che stati, cose ed eventi che abitualmente riteniamo opposti sono in realtà interdipendenti, come i poli di un magnete. Riusciamo così a vedere l’interiore unità di cose esteriormente differenti: sé ed altro, soggetto e oggetto, destra e sinistra, maschile e femminile, corpo solido e spazio, figura e sfondo, organismo e ambiente, santo e peccatore, ecc. Ogni elemento dell’esistenza è definibile solo grazie all’esistenza del suo corrispondente polare e a mano a mano che questa consapevolezza cresce diviene più intensa la percezione che noi stessi siamo complementari rispetto all’universo che ci circonda, cosicché la nostra esistenza implica quella di qualsiasi altra cosa. La sensazione è di essere qualcosa che l’intero universo sta producendo e, contemporaneamente, che l’universo intero è qualcosa che noi produciamo.
3) Consapevolezza della relatività. Comprendiamo di essere legati ad una infinita gerarchia di processi e di esseri, dalle molecole agli esseri umani, nella quale ogni livello è soggetto alle medesime infinite relazioni. Questo può farci percepire che tutte le forme di vita non sono che innumerevoli e mutevoli variazioni di un singolo tema, e la vita e la morte aspetti di un unico processo.
4) Consapevolezza dell’energia eterna. Il sentimento di unità con l’immensa energia, definibile anche come divinità, che permea e costituisce nella sua essenza e nelle sue manifestazioni l’intero universo.
Credo che 4 forme di consapevolezza siano basililari per la corretta vita di ogni uomo su questa terrà: dovrò meditarci su molto attentamente.

lunedì, settembre 03, 2007

Assenza e presenza

Ho sentito spesso la frase che un'assenza vale a volte più di una presenza: lo scorso sabato ho provato questa sensazione, potente e reale. Il maestro mancava e i discepoli sono stati messi alla prova, sotto il suo occhio invisibile: la prova è stata superata, inaspettatamente ma non fortunosamente. Ho percepito l'intento in loro come in me ed è stata un'energia che mi è rimasta addosso, che mi ha avvolto benevolmente e mi ha protetto: è stato bello, energeticamente e umanamente. Forse il gruppo per la prima volta si è sentito tale, messo alla prova da questa assenza pesante e significativa. Alcune decisioni sono state prese: l'intento le farà mantenere.
L'equinozio si avvicina e questo evento mi prepara ad affrontarlo al meglio.