martedì, dicembre 25, 2007

Ia Saturnalia!

"Quod deorum numine omnia regi gubernarique perspeximus,
omnis gentis nationesque superavimus." (dal De haruspicum responso di Cicerone)

Saturno è un numina antico, nato nell'Età dell'Oro degli uomini, quando la magia esisteva e così anche gli Dei, non ancora uccisi dall'umana ragione: Saturno è padre di tutti noi, severo e giusto, potente e distaccato, crudele il più delle volte. Uccise suo padre Urano per prenderne il posto e fu pronto a divorare tutti i suoi figli per non cadere a sua volta. Ma concesse agli uomini quella splendida epoca antica della quale ancora riempiamo i nostri sogni... l'Età dell'Oro, quando eravamo simili a dei e di loro aveva timore e rispetto...

martedì, dicembre 18, 2007

Verso la fede... verso l'incertezza...

Certo che se avessi immaginato me stesso a questa età, avrei potuto dire molte cose, tranne il fatto di essere un uomo di fede. Perchè alla fine questo sono diventato: un uomo di fede. Semplice.

"L'apertura verso la verità, quali che siano le conseguenze, dovunque ci porti, senza sapere nemmeno dove ci porterà. Questa è la fede. Non una convinzione, ma la fede. Le convinzioni danno molta sicurezza, la fede è insicurezza. Non si sa dove si andrà a finire. Si è pronti a seguire e si è aperti, aperti a tutto! Si è pronti ad ascoltare." (Anthony de Mello)

Ma alla fine era normale, riflettendoci serenamente: ho sempre cercato, mi sono sempre impegnato per capire il mondo, ma era solo un'illusione. Non era la comprensione che cercavo, ma la verità del mondo: per un po' di anni l'ho confusa con la razionalizzazione, ovvero il (vano) tentativo di dare un'ordine razionale e logico al mondo che mi circonda. Ora invece so che cercavo solo la Verità, ovvero ciò che ho dentro di Me. Verità, non Certezza. E Luce.
Amen

mercoledì, dicembre 12, 2007

la preghiera dell'uomo distaccato

Le parole di Maestro Eckhart mi riempiono di sorpresa ogni volta che le leggo e le vivo:
"Qual è la preghiera del cuore distaccato? L’uomo puro e distaccato non può pregare, giacché colui che prega desidera ottenere qualcosa da Dio, oppure che Dio gli tolga qualcosa. Ma il cuore distaccato non desidera nulla e non ha nulla dai cui vincoli voglia essere liberato. Perciò il distacco è svincolato da ogni preghiera. La preghiera di tale uomo è soltanto essere conforme a Dio." (di Meister Eckhart)
Parole semplici, potenti, sincere: nel distacco non si nasconde la non curanza, la traconte superiorità dell'umana ragione, ma il senso profondo, rispettoso e importante della gratuità della preghiera.
"Per gli uomini saggi è una questione di conoscenza mentre per i semplici è una questione di fede." (di Meister Eckhart)
E allora voglio essere un uomo semplice. Pieno di fede.

lunedì, dicembre 10, 2007

libertà... e sangue.

"Signora libertà, signorina fantasia.
Signora libertà, Signorina anarchia.
Signora libertà, Signorina natura."
(Fabrizio De André)
Le parole di De André mi rimbalzano nella testa da sabato sera e gridano nella mia testa da sabato notte... e tralascio il fatto che domenica non mi abbiano dato tregua: che vale (in)seguire un percorso se poi si è sempre da soli quando si passa all'azione?
Mi sento come un soldato che viaggia al fianco del proprio plotone, tutti amici, tutti vicini, tutti "uno per tutti, tutti per uno", poi però, quando la linea della battaglia si rende visibile, ecco che il soldato si gira e si ritrova da solo... lontano riesce a vedere solo il suo Generale, fiero e impassibile, ma lui le sue battaglie le ha già vinte tanto tempo fa...
E allora il soldato gridando "Signora libertà" si getta nella pugna e attende che arrivi anche questa volta il colpo decisivo, o comunque l'ennesima dura e dolorosa ferita... immancabile, puntuale, inesorabile... ma un ragno che mi ricuce lo troverò sempre...
"Se ti tagliassero a pezzetti
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio il sorriso."
(Fabrizio De André)

mercoledì, dicembre 05, 2007

Inversione della temporalità

"...non trova che sia una curiosa coincidenza che il corpo sia caduto perfettamente nella sagoma di gesso sul pavimento?" (dell'Ispettore Clouseau, dal film "la Pantera Rosa)
Queste semplice battuta nasconde verità maggiori di quanto possa sembrare: il principio di causa-effetto, la causalità, non solo dimostra la sua inefficienza nella vita di tutti i giorni, ma è alla base sopravvalutato, in quanto a sua volta si basa su un principio, quello di induzione, che non può assolutamente essere provato in modo consistente, senza ricorrere a qualcosa d'altro, senza appoggiarsi ad una struttura esterna. Come Gödel ci ricorda infatti:
"Nonostante le apparenze, non vi è nulla di circolare in un tale enunciato, dal momento che esso all'inizio asserisce l'indimostrabilità di una formula ben determinata, e solo in seguito, quasi per caso, risulta che questa formula è proprio quella che esprime questo stesso enunciato." (di Kurt Gödel)

martedì, dicembre 04, 2007

Il lupo...

"La letteratura non è nata il giorno in cui un ragazzo, gridando al lupo al lupo, uscì di corsa dalla valle di Neanderthal con un gran lupo grigio alle calcagna: è nata il giorno in cui un ragazzo arrivò gridando al lupo al lupo, e non c'erano lupi dietro di lui." (di Vladimir Nabokov)

Ottimo spunto di riflessione per questa settimana di preparazione e di attesa alla sacra respirazione...

lunedì, novembre 26, 2007

Mille mondi... un unico mondo...

"Every quantum transition taking place on every star, in every galaxy, in every remote corner of the universe is splitting our local world on earth into myriads of copies of itself." (di B. S. DeWitt)
E' nella molteplicità infinita di mondi possibili che la nostra mente vuole perdersi e realizzare se stessa. Niente limiti. Nessun fine. Nulla torna, perchè tutto è.

venerdì, novembre 23, 2007

La scienza della superstizione

La società umana nel corso della sua storia a un certo punto ha operato una scelta, potente, profonda, fondamentale: ha scelto che occorreva stabilità a se stessa ma anche a tutto quello che la circondava, mondo compreso. Realtà soprattutto.
Ogni cosa ha un ordine precostituito che l'uomo in quanto tale ha la possibilità, il compito, il dovere di trovare, esplicitare e manifestare tramite il più ordinato dei linguaggi, quello della scienza.
Chi ha scelto? E soprattutto, perchè hanno scelto per me?
Non voglio che il mondo sia ordinato, non voglio che la rete per spiegare delle macchie casuali sia scelta da qualcuno. Non voglio la rete. Anzi, voglio la libertà di cambiare le maglie ogni volta che voglio, perchè tanto le macchie sono sempre e solo macchie. Accidenti contingenti.
Il necessario del mondo è Altrove. Ed è lì che la rete degli Altri non ci vuole fare andare. Nella crepa. Nell'indicibile. Nell'ineffabile.
Rifiuto questa scienza della superstizione.

martedì, novembre 20, 2007

Zattere...

La zattera va abbondanata, se a parole si vuol dire ciò che non può essere detto il linguaggio necessariamente deve muoversi oltre i confini del tertium non datur:
Shariputra, tutto ogni cosa vuoto segno: non nasce-muore, non puro-impuro, non cresce-decresce. Shariputra, ora nel vuoto non c’è forma sensazione percezione volontà coscienza, occhio orecchio naso lingua corpo mente, non più colore suono olfatto gusto tatto pensiero, non più coscienza regno della vista fino a coscienza regno del pensiero, non più buio-luce nè vecchiaia-morte, fine di vecchiaia-morte, dolore brama estinzione strada. Non più sapere, non è vantaggio-svantaggio.(dal Maka Hannya Haramitta Shingyō)
Parole del mio caro compagno del dharma.

lunedì, novembre 19, 2007

Parole di un Dio

Eccomi, sono qui, in questa terra di Tebe, io, figlio di Zeus,
Dionìso: mi genera - un tempo - la vergine di Cadmo,
Sèmele, aiutata nel parto dal fuoco della folgore.
Ho mascherato la mia forma, da dio che sono a uomo,
e sono qui alla fonte di Dirce e alle correnti dell’Ismeno.
Vedo la tomba di mia madre, lei, la folgorata,
là vicino al palazzo, e vedo le macerie della sua camera
in fumo, avvampate dal fuoco ancora vivo di Zeus:
non muore il rancore di Hera per lei, mia madre.
Io lodo Cadmo che ha reso questo luogo impenetrabile:
un reliquiario della figlia sua. Io l’ho velato
con corone di tralci e grappoli di vite.
Ho lasciato le piane ricche d’oro di Lidia
e di Frigia e le plaghe di Persia, sferzate dal sole,
e le muraglie della Battriana e la terra gelata
dei Medi; ho attraversato l’Arabia felice
e tutta l’Asia adagiata lungo il mare salato,
incrocio di razze greca e barbara,
che ha città con belle torri,
e per la prima volta sono giunto in questa città di Greci.
E in quelle terre ho danzato la mia danza e fondato
i miei misteri, per rivelare ai mortali la mia divinità,
e ora, di questa terra greca, Tebe, per prima,
ho scosso col mio grido, l’ho coperta di pelle di daino,
ho messo nelle sue mani il tirso, arma di edera:
merito delle sorelle di mia madre - e proprio loro non dovevano farlo:
spargevano la voce che io, Dionìso, non sarei figlio di Zeus,
che lei, Sèmele, fatta donna da un uomo qualunque,
incolpava Zeus del peccato commesso nel suo letto
- astuzia davvero ispirata di Cadmo! -; e per questo godevano a sparlare,
piene d’invidia, che Zeus l’uccise, per la menzogna delle nozze.
E per questo io, fuori di casa l’ho sferzate col pungolo del mio delirio,
le ho spinte sul monte e là abitano segnate nella mente dalla mia follia,
costrette a vestire i paramenti dei miei riti,
e tutto il seme femminile dei Cadmei, tutte le donne,
le ho strappate alle case, in preda al mio furore.
E ora mischiate insieme alle figlie di Cadmo
giacciono sotto verdi abeti, tra rocce a cielo aperto.
Deve imparare bene questa città, fino in fondo, e anche contro la sua volontà,
che cosa significa non essere iniziati ai misteri di Bacco.
E io devo provare l’innocenza di Sèmele, mia madre:
e così rivelerò me stesso dio, quel dio che lei partorì a Zeus.
Cadmo ha ceduto il suo prestigio di tiranno
a Pènteo, nato da sua figlia Agàve,
e costui fa guerra solo alla mia divinità:
dai sacrifici mi esclude e nelle sue preghiere mai mi ricorda.
Ecco perché rivelerò a lui e a tutti i Tebani
il dio che è in me. Farò ordine qui,
poi muoverò il passo verso un’altra terra,
ma solo dopo la mia rivelazione. E se la città dei Tebani,
infuriata, si proverà con le armi a cacciare le Baccanti dal monte,
sarò io ad attaccare e guiderò un esercito in preda al furore.
Per questo ho preso forma mortale,
per questo mi sono trasformato e fatto uomo.
Ma voi, che avete lasciato il Tmolo, muraglia di Lidia,
mio tiaso, donne che da terre barbare
ho portato con me, mie compagne d’imprese e di strada,
su in alto i tamburi della terra dei Frigi
- invenzione di Rea Madre e mia -,
accerchiate questa reggia di Penteo
e fateli risuonare: ché veda la città di Cadmo!
Io salirò alle gole del Citerone:
là sono le Baccanti e là mi unirò ai loro cori.
(parole di Dioniso, dalle Baccanti di Euripide)

martedì, novembre 13, 2007

Metafisica della Fisica

"La vera difficoltà sta nel fatto che la fisica è un tipo di metafisica; la fisica descrive 'la realtà'. Ma noi non sappiamo cosa sia “la realtà”, se non attraverso la descrizione fisica che
ne diamo di essa." (da una lettera a Schrödinger di A.Einstein)

Demolire tutto, questo sta accadendo nella mia mente: ogni categoria, ogni oggetto, ogni concetto si sta demolendo, inesorabilmente e a una velocità sempre crescente. Un vortice di distruzione nel quale vedo sempre apparire, rimanere e stabilizzarsi la strada dello sciamano, mitica, metafisica, ma più reale di quello che per anni ho pensato fosse solido quanto la pietra. Eppure sapevo benissimo che la pietra non è fatto solida. Mi illudevo.

lunedì, novembre 12, 2007

Linguistica sul campo

"To be is to be the value of a bound variable" (di Willard Van Orman Quine)

Come al solito il mio unico compagno di dharma mi regala una nuova chicca sulla quale riflettere.. e tanto farò in questa serata d'autunno... grazie.

domenica, novembre 11, 2007

Dualismo e spesso dualità.

Il dualismo è l'essenza della nostra vita, della nostra cultura, della nostra coscienza: nasciamo, cresciamo e probabilmente muoriamo pensando in termini di dualità. Per molti di noi, il mondi è costituito da un'insieme di "fenomeni" che rientrano sempre e solo in due categorie, in conflitto fra di loro, che mai possono sussistere nella realtà (ovvero nella nostra mente) nello stesso tempo.
Il satori non è altro che il momento nel quale questo dualismo viene abbattuto e il mondo si rivela per quello che è. La totalità dei fatti, niente di più. Niente di meno.
"Guardiamo alle cose stesse! L'unico modo di investigare il senso di ciò che si manifesta è di considerarlo come correlato di coscienza, come oggetto intenzionato." (di Edmund Husserl)

mercoledì, novembre 07, 2007

Se incontri il buddha per la strada... stai attento!

"Se incontri il buddha per la strada, uccidilo!" (antico koan Zen)
Uccidere il Buddha quando lo si incontra significa superare il mito del maestro, il mito del guru, il mito dello psicoterapeuta; significa rinunciare al ruolo di discepolo e distruggere la speranza che qualcun altro, all’infuori di noi, possa essere il nostro padrone - così spiega il koan Sheldon Kopp.
Non sono d'accordo, non in senso assoluto: è un'affermazione pericolosa quella di abbandonare il mito del maestro, in senso generale. Perlomeno senza essere passati per il mito del discepolo, il momento nel quale distruggiamo il nostro io sociale e intellettivo. Solo allora ha senso di parlare di eliminazione del mito del guru, perchè altrimenti si cade o si rischia di cadere in una situazione di fai-da-te, dove nessun punto morale è fissato, nè dentro di noi nè fuori di noi. E il punto morale, uno punto fisso di tutta la massa anarchica che è l'esistenza umana, è necessario più dell'aria.

lunedì, novembre 05, 2007

Assorbi ogni dolore, uomo

A volte l'uomo è straordinariamente, appassionatamente innamorato della sofferenza. (Fëdor Michajlovic Dostoevskij)

I problemi esistono per essere superati, così la pensavo e l'ho pensato per molti anni della mia vita: prove necessarie per fortificare il proprio animo e mettere alla prova la propria determinazione. Bella stupidaggine, anzi no, proprio una gran bella cazzata questa.
A volte i problemi li cerchiamo con tutte le nostre energie, senza volerli realmente, ma solo perchè i problemi si portano dietro la sofferenza, che ci rende vivi, ci fa sentire questo corpo di carne e sangue che abbiamo. E allora non possiamo solo superarli, dobbiamo viverli in ogni aspetto, assorbirli come delle avide spugne: dobbiamo desiderare che la sofferenza occupi ogni porzione del nostro essere, ogni spazio fra la carne e le ossa e quando ogni goccia di sangue sarà intrisa di dolore, allora ci sentiremo vivi.
Solo allora, assorbendo ogni sofferenza, avremo vissuto.

sabato, novembre 03, 2007

respirare... solo respirare

Uno, due, tre, quattro... respirare, importa solo respirare: profondamente, velocemente, oltre le proprie possibilità, oltre ogni blocco fisico.
Uno, due, tre, quattro... respirare, importa solo respirare: incessantemente ingerire aria con forza e buttarla fuori con la stessa forza, veloce, spasmodicamente, con furia assoluta.
Uno, due, tre, quattro... respirare, importa solo respirare: così la realtà fisica si distrugge e inizia il viaggio più imporante di tutti, quello nel Sé, nell'Io, fino alla sua morte, fino a Dio.
Uno, due, tre, quattro... respirare, importa solo respirare: ogni altra cosa è solo un accidente e non può e non deve distrarre.
Respirare... respirare... respirare...

mercoledì, ottobre 31, 2007

martedì, ottobre 30, 2007

Essere e tempo

Ci sono delle domande che meritano di esistere non tanto per trovare una risposta, ma per il solo significato e per il solo valore che concedono all'uomo nel momento stesso in cui se le pone. Non altro.

"È chiaro infatti che voi da tempo siete familiari con ciò che intendete quando usate l'espressione essente; anche noi credemmo un giorno di comprenderlo senz'altro, ma ora siamo caduti nella perplessità.» (Platone, Sofista, 244a) Abbiamo noi oggi una risposta alla domanda intorno a ciò che propriamente intendiamo con la parola 'essente'? Per nulla. È dunque necessario riproporre il problema del senso dell'essere. Ma siamo almeno in uno stato di perplessità per il fatto di non comprendere l'espressione 'essere'? Per nulla. È dunque necessario incominciare col ridestare la comprensione del senso di questo problema. Lo scopo del presente lavoro è quello della elaborazione del problema del senso dell''essere'. Il suo traguardo provvisorio è l'interpretazione del tempo come orizzonte possibile di ogni comprensione dell'essere in generale" (Essere e Tempo di Martin Heidegger)

L'incipit di quest'opera è già importante e mi fa piacere che in me ci sia ancora il desiderio di cimentarmi in queste opere: come ci ricoda il padre dell'ontologia infatti

"Orbene io ti dirò, e tu ascolta accuratamente il discorso, quali sono le vie di ricerca che sole sono da pensare: l'una che 'è' e che non è possibile che non sia, e questo è il sentiero della Persuasione (infatti segue la Verità), l'altra che 'non è' e che è necessario che non sia, e io ti dico che questo è un sentiero del tutto inaccessibile: infatti non potresti avere cognizione di ciò che non è (poiché non è possibile), né potresti esprimerlo... infatti lo stesso è pensare ed essere." (Della natura di Parmenide di Elea)

domenica, ottobre 28, 2007

Sperimentare!

Esperire, dal latino experior, ovvero "venire in cognizione provando e riprovando", sinonimo da usarsi raramente di sperimentare.
Certo che il mio Maestro è davvero un genio: risolve dubbi che neanche gli sollevo direttamente. Parla e tutto diventa più chiaro: prerogativa questa delle grandi menti ma soprattutto delle grandi anime.
La strada si fa sempre più chiara, mostrando tutte le sue difficoltà e tutte le sue gioie: posso farcela, lo sento, lo voglio, devo. E anche le parole di Heidegger diventano più chiare. illuminate da lui lungo la strada: "Siamo troppo in ritardo per gli dei, troppo in anticipo per comprendere l'Essere."
La salita è iniziata: tocca pedalare.

mercoledì, ottobre 24, 2007

Cui prodest? Cui bono?

Noi sentiamo che, anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto una risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppure toccati. (Tractatus logico-philosophicus di
Wittgenstein)


Mi continuo a chiedere perchè riflettere e arrovellare la propria esistenza con pensieri che non si srà mai in grado di esprimere agli altri? Perchè domandarsi e rispondersi, se poi la realtà non è affatto comprensibile nel momento in cui diventa parola? A cui giova tutto questo? A se stessi, mi potrei rispondere, ma non è vero: la realtà vale nel momento dell'esperienza e lì si esaurisce, senza più valore, senza possibilità di espressione. Il mondo è sempre e comunque solo tutto ciò che accade, non quello che diciamo: solo il presente esiste. Solo il presente. Il pensiero, la riflessione e le proposizione su di loro sono solo mangime per uccelli morti.

lunedì, ottobre 22, 2007

Alla conoscenza come alla guerra!

Ieri sera il viaggio che normalmente compio solo e in silenzio è stato piacevolmente occupato dalle chiacchiere con una vecchia amica, che ha svelato cose di lei che non sapevo... e che sincronicamente mi riguardavano molto da vicino. All'inizio dell'interessante discussione, si è definita "donna lisergica" e poi mi ha inondato con le sue esperienze, in numero maggiori delle mie, e le sue riflessioni nate da a seguito dei trip. Catturato dai suoi racconti, ai quali poi ho aggiunto i miei (pochi per la verità) mi sono però dimenticato di chiederle cosa intendesse con quel termine che da questa mattina continua a rimbalzarmi in testa: "donna lisergica", cosa sta a significare? Non so dare una risposta o, meglio, in testa se ne affollano fin troppe e di nuovo ho la sensazione che la mia vita sia a metà fra due realtà, uno alla quale sfuggo e una che inseguo con tutte le energie e che forse ho raggiunto dopo molti sforzi: ma a questo punto il mio problema diventa (o diventerebbe) un altro. Si può vivere a metà?

"Un uomo va alla conoscenza come va alla guerra, con gli occhi aperti, paura, rispetto e assoluta fiducia. Andare alla conoscenza o andare alla guerra in ogni altro modo è un errore, e chiunque faccia questo tornerà sui suoi passi." (Gli insegnamenti di Don Juan di Carlos Castaneda)

giovedì, ottobre 18, 2007

L'itinerario della mente verso Dio

"Nessuno può giungere alla beatitudine se non trascende sé stesso, non con il corpo, ma con lo spirito. Ma non possiamo elevarci da noi se non attraverso una virtù superiore. Qualunque siano le disposizioni interiori, queste non hanno alcun potere senza l'aiuto della Grazia divina. Ma questa è concessa solo a coloro che la chiedono con fervida preghiera. È la preghiera il principio e la sorgente della nostra elevazione. Cosí pregando, siamo illuminati nel conoscere i gradi dell'ascesa a Dio." (Itinerarium mentis in Deum, San Bonaventura da Bagnoregio)

domenica, ottobre 14, 2007

Ancestrale timore degli dei

Ora capisco come in passato gli uomini dovevano sentirsi, privi di ogni difesa razionale concessa dalla ragione e costruita dalla scienza: indifesi di fronte al potere incontrollato e incontrollabile degli dei, che tutto potevano su noi piccoli uomini.
Ancestrale timore degli dei, non saprei spiegare meglio la sensazione che ho provato qualche ora fa e dalla quale non mi sono ancora ripreso e, spero, di non riprendermi mai, perchè per la prima volta mi sono sentito uomo in questo universo, percependo, anche se solo per una piccola frazione di secondo, la complessità del creato e la potenza dei suoi creatori e la piccolezza dell'uomo.
Ma possiamo arrivare a loro e dobbiamo farlo con ogni mezzo, con tutte le forze, perchè solo questo nella nostra breve vita ha davvero significato, nient'altro. Nulla esiste a confronto degli dei.
Ancestrale timore. Ed estasi nel sentirsi pervaso da un potere realmente superiore, incomprensibile e antico, più del tempo e dello spazio. Le parole non bastano, per la prima volta. La gnosi supera il logos. E' giusto così: la strada percorsa è quella giusta. L'unica che valga la pena di percorrere fino alla morte.
Tuttavia occorre ricordarsi che gli dei vanno rispettati e non ingannati: in mano loro siamo nulla.

Grande Spirito Blu della montagna,
nella casa di nubi blu,
presso la croce di miraggio azzurro,
sei nato, un giorno.
Là c'è solo bontà,
e di tanta bontà io sono grato.

Grande Spirito Giallo
che vivi a Sud, sulle montagne,
di gialle nubi è il Tuo corpo immenso.
Sovrano degli spiriti dei monti,
Sacra Divinità,
anche Tu di bontà Ti nutri e vivi.

Grande Spirito Bianco d' Occidente,
il Tuo corpo è di candido miraggio.
Sovrano degli spiriti dei monti,
Sacra Divinità,
ch' io sia felice delle Tue parole,
e che Tu possa godere delle mie.

Grande Spirito Nero a Settentrione,
di nere nubi è il Tuo corpo immenso.
Ed è per questo, Grande Spirito Nero,
che la Tua voce mi fa felice.
Possa farTi felice anche la mia.
E tutto ora è bontà.

(preghiera della tribù Apache)

mercoledì, ottobre 10, 2007

Autocoscienza fra "noi" e "altro"

"Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas." (Sant'Agostino)

E' interessante riflettere su come definiamo il concetto di "noi", su come cioè creiamo il concetto culturale (e non la cultura) alla quale appartieniamo: è un atto violento, quasi sempre, perchè nasce da un definire ciò che è/siamo/dovremmo/vorremo essere da ciò che non è/siamo/dovremmo/vorremmo. E' una separazione e di coseguenza violenta come deve essere ogni eliminazione e ogni selezione, anche se culturale. Ma rimaniamo comunque incompleti, anche dopo aver definito la "nostra" cultura e allora definiamo "altro" da noi, gli scarti, che non buttiamo ma inseriamo in un'apposita cultura distaccata da noi ma che vive in contatto, in simbiosi con noi.
Interessante concetto che l'antropologia culturale sviluppa a dovere: simbiosi fra "altro" e "noi" per definire il nostro sé. Autocoscienza che nasce dalla paura e dalla diversità, dalla negazione e dalla necessità. Interessante. Suggestivo.

"Solo quando pensiamo intensamente a cosa è già stato pensato comprenderemo il senso corretto di quello che è già stato pensato." (Martin Heidegger)

lunedì, ottobre 08, 2007

Intransigenza!

Think for Yourself, Question Authority. (T.Leary)

Sinonimi
: fermezza, severità, durezza, rigore
Vedi anche: fiscalità, inflessibilità, puntigliosità, inclemenza, inesorabilità, intolleranza, rigidezza, rigorosità

You're only as young as the last time you changed your mind. (T.Leary)

Contrari: bontà, comprensione, condiscendenza
Vedi anche: apertura, disponibilità, elasticità, indulgenza, tolleranza, generosità, umanità, benevolenza, bonarietà

Caro il mio Brain, non hai capito nulla degli uomini: "non costringerai a esistere ciò che non esiste" diceva il buon Parmenide e penso proprio che avesse ragione...

giovedì, settembre 27, 2007

E' tutta colpa della luna piena!

"It is the very error of the moon.
She comes more near the earth than she was wont
And makes men mad"
(William Shakespeare, Otello atto 5, scena 2, v. 109-11)

Nella mitologia greca, la Luna era rappresentata nelle sue 3 fasi da tre dee: Selene (la Luna Piena), Artemide (la Luna Nuova) ed Ecate (la Luna Calante), tre divinità che rappresentano aspetti ben precisi dell'essenza femminile dell'Universo. In particolare Selene (semplicemente Luna per il popolo romano) è una bella donna con il viso bianco e affastinante, che indossa lunghe vesti morbide anch'esse bianche e che reca sulla testa una luna crescente e in mano regge fiera una torcia: si racconta che per far innamorare di sè un mortale non ebbe paura di farlo dormire per sempre, pur di essere certa di poterlo andare a trovare ogni notte... si sa come sono le donne: pericolose, nell'amore come nell'odio!
Ci sono diverse credenze popolari che concedono alle giornate di luna piena particolari caratteristiche, pericolose e magiche: e allora ecco spiegato perchè in queste notti di luna piena il mio spirito è così inquieto. Nel passato forse sono stato un amante di Selene, o forse in una delle mie vite ho mirato il suo viso nella notte per troppo tempo: così malinconia mi prende ogni volta che lei giunge, ricordando nel cuore quei giorni e sognandone altri.
Ti prego fa presto Selene e scompari dal cielo, concedendomi riposo...

"Luna, tu parli solamente a chi è innamorato
chissà quante canzoni ti hanno già dedicato
ma io non sono come gli altri
per te ho progetti più importanti."
(Gianni Togni)

martedì, settembre 25, 2007

il Sogno

La notte impone a noi la sua fatica
magica. Disfare l'universo,
le ramificazioni senza fine
di effetti e di cause che si perdono
in quell'abisso senza fondo, il tempo.
La notte vuole che stanotte oblii
il tuo nome, i tuoi avi ed il tuo sangue,
ogni parola umana ed ogni lacrima,
ciò che poté insegnarti la tua veglia,
l'illusorio punto dei geometri,
la linea, il piano, il cubo, la piramide,
il cilindro, la sfera, il mare, le onde,
la guancia sul cuscino, la freschezza
del lenzuolo nuovo...
Gli imperi, i Cesari e Shakespeare
e, ancora più difficile, ciò che ami.
Curiosamente, una pastiglia può
svanire il cosmo e costruire il caos.

(J. L. Borges)

domenica, settembre 23, 2007

La via degli antichi

Oggi è l'equinozio, in particolare c'è stato alle 9:51 UTC: un passaggio importante nell'antichità che tutte le popolazioni festeggiavano e ricordavano. Per molti è un giorno come un altro, ma per me non lo è stato: si è rivelato il degno primo giorno di una vita rivelata da poche parole e da fondamentali certezze, quelle di un viaggio, di un cambiamento da troppo tempo rimandato, di una strada finalmente percorsa, dopo che da tanto si parava davanti agli occhi. Il primo passo è stato fatto, lo penso con la mia testa e lo credo con il mio cuore: la via antica degli sciamani è una via che viene percorsa fino alla fine della propria vita, con ogni mezzo, fino a quando la verità non viene svelata. E un maestro illumina da vicino questo percorso: oggi mi sento davvero fortunato, forse benedetto. Hai visto, P.P., che gli Spiriti parlano in continuazione? Occorre solo starli a sentire... il thyrsos è stato in parte preparato... non c'è fretta: la strada degli antichi si apre sgombra davanti a me. Grazie!

Amici
guardatemi,
in un modo sacro
io ritorno.

Tu, tribù,
guardami,
in un modo sacro
io ritorno.

La gente che è sacra,
amici,
mi guarda,
in un modo sacro
io ritorno.

Tu, tribù,
guardami,
in un modo sacro
io ritorno.


(antico canto Sioux)

venerdì, settembre 21, 2007

L'abisso

Tra me e la mia coscienza c' è un abisso nel cui fondo invisibile scorre il rumore di un fiume lontano dai soli, il cui suono reale è cupo e freddo - Ah, in qualche punto del pensare della nostra anima, freddo e scuro e incredibilmente vecchio, in se stesso e non nella sua dichiarata apparenza. Il mio ascoltare è diventato il mio vedere quel sommerso fiume senza luogo. Il suo rumore silenzioso libera sempre il mio pensiero dal potere del mio pensiero di sognare. Una temibile realtà appartiene a quel fiume di mute, astratte canzoni che parlano della non realtà del suo andare verso nessun mare. Ecco! Con gli occhi del mio sognato sentire io sento il non visto fiume trasportare verso dove non va tutte le cose di cui è fatto il mio pensiero - il Pensiero in Sé, e il Mondo, e Dio, che fluttuano in quell' impossibile fiume. Ah, le idee di Dio, del Mondo, di Me stesso e del Mistero, come da uno sconosciuto bastione colpito, scorrono con quel fiume verso quel mare che non ha raggiunto né raggiungerà mai e apparterrà al suo moto legato alla notte. Oh, ancora verso quel sole su quella spiaggia di quell' inattingibile oceano!

(di Fernando Pessoa)

giovedì, settembre 20, 2007

Pensiero di lei... ancora... sempre...

Le stelle intorno alla luna bella
nascondono di nuovo l'aspetto luminoso,
quando essa, piena, di più risplende
sulla terra...
(Frammenti, Saffo)

martedì, settembre 18, 2007

Lupi della steppa

"Questo libro contiene le memorie lasciate da quell'uomo che, con un'espressione usata sovente da lui stesso, chiamavamo il "lupo della steppa"(dal Lupo della Steppa di Hermann Hesse)

Il lupo della steppa (Der Steppenwolf, 1927) è un libro duro, amaro e forte: parla della solitudine di un uomo poco piacevole, ma anche della solitudine in cui tutti noi viviamo e ci costringiamo a vivere, a volte senza motivo e altre volte per ottime ragioni. E' un libro che lascia il segno, una ferita, un piccolo squarcio difficile da sanare, difficile da ricucire... forse perchè ci si accorge che è una ferita che ci parla e ci insegna molte cose.
E allora ci si paralizza, bloccati nella dinamica crudele del non agire, divisi fra l'uomo, che vuole unirsi ai suoi simili nel mondo, e il lupo, che tende a estraniarsi e a fuggire tutto... una tensione che non produce reazione, uno stato di equilibrio terribile, circondato da invalicabili muri di convenzioni e di desideri inespressi...
Leggetelo questo libro, ne vale la pena e non voglio dirvi nient'altro se non che alcune volte preferisco anch'io una giornata di inteso dolore al posto di quelle giornate che ti scivolano addosso, fra la noia e la piacevolezza... capisco il povero Harry Haller e anche voi lo capirete...

martedì, settembre 11, 2007

Storie...

Da quando gli antichi scrissero le loro storie, tutta la letteratura prende avvio da un avvenimento che rompe con una presunta normalità. Questo schema narrativo si propone in tutti i romanzi ed oggi ci si chiederebbe: “Se non fosse così come potremmo scrivere dei romanzi?” E' diventato così naturale che il lettore non si chiede più qual era la “normalità” del prima che subendo una variazione viene a modificarsi diventando l'inizio di una narrazione.
La normalità del prima non è descrivibile, perché il prima di una storia è vissuto dai protagonisti privo di emozioni. Infatti non possiamo descrivere il prima (ogni storia ha i suoi accenni a ciò che era prima), ma possiamo cogliere le esigenze psichiche dei protagonisti che spingono gli avvenimenti. Il prima della storia sta stretto ai protagonisti. E' una sorta di “vecchio”, una sorta di già vissuto, già attraversato emozionalmente, già affrontato. Il prima della storia non è in grado di travolgere le emozioni di chi sta vivendo quella situazione. I protagonisti stanno vivendo una sorta di noia attiva. Noia per l'oggettività nella quale vivono e attiva perché percepiscono in loro la necessità d'azione non solo per coinvolgere le proprie emozioni, ma per fondere le proprie emozioni col mondo in cui vivono.
Tutto il mistero inizia qui.

lunedì, settembre 10, 2007

e le serate trascorrono...

Alcune volte ci sono dei momenti della propria vita che non si riescono a classificare, non si possono definire, non ricadono in nessuna delle categorie che abbiamo in mente, come bella giornata, brutta giornata, dura giornata.
Alcuni momenti ti scorrono addosso, concedendoti un piacevole brivido e una innaturale serenità: alcuni momenti sono fuori da ogni schema, banali se osservati, insipidi se raccontati, ma grandiosi quando li vivi.
Alcuni momenti sono come quelli trascorsi su un divano, aspettando ancora qualche minuto e sperando che il tempo si congeli e non scorra mai più.

mercoledì, settembre 05, 2007

Consapevolezza

Alan Watts riassume l’effetto prodotto delle sostanze psicotrope sulla propria coscienza in quattro fondamentali caratteristiche.
1) Concentrazione sul presente. La nostra abituale attenzione compulsiva per il futuro diminuisce e diveniamo consapevoli dell’importanza e dell’interesse di quanto sta accadendo nel presente.
2) Consapevolezza della polarità. La vivida comprensione che stati, cose ed eventi che abitualmente riteniamo opposti sono in realtà interdipendenti, come i poli di un magnete. Riusciamo così a vedere l’interiore unità di cose esteriormente differenti: sé ed altro, soggetto e oggetto, destra e sinistra, maschile e femminile, corpo solido e spazio, figura e sfondo, organismo e ambiente, santo e peccatore, ecc. Ogni elemento dell’esistenza è definibile solo grazie all’esistenza del suo corrispondente polare e a mano a mano che questa consapevolezza cresce diviene più intensa la percezione che noi stessi siamo complementari rispetto all’universo che ci circonda, cosicché la nostra esistenza implica quella di qualsiasi altra cosa. La sensazione è di essere qualcosa che l’intero universo sta producendo e, contemporaneamente, che l’universo intero è qualcosa che noi produciamo.
3) Consapevolezza della relatività. Comprendiamo di essere legati ad una infinita gerarchia di processi e di esseri, dalle molecole agli esseri umani, nella quale ogni livello è soggetto alle medesime infinite relazioni. Questo può farci percepire che tutte le forme di vita non sono che innumerevoli e mutevoli variazioni di un singolo tema, e la vita e la morte aspetti di un unico processo.
4) Consapevolezza dell’energia eterna. Il sentimento di unità con l’immensa energia, definibile anche come divinità, che permea e costituisce nella sua essenza e nelle sue manifestazioni l’intero universo.
Credo che 4 forme di consapevolezza siano basililari per la corretta vita di ogni uomo su questa terrà: dovrò meditarci su molto attentamente.

lunedì, settembre 03, 2007

Assenza e presenza

Ho sentito spesso la frase che un'assenza vale a volte più di una presenza: lo scorso sabato ho provato questa sensazione, potente e reale. Il maestro mancava e i discepoli sono stati messi alla prova, sotto il suo occhio invisibile: la prova è stata superata, inaspettatamente ma non fortunosamente. Ho percepito l'intento in loro come in me ed è stata un'energia che mi è rimasta addosso, che mi ha avvolto benevolmente e mi ha protetto: è stato bello, energeticamente e umanamente. Forse il gruppo per la prima volta si è sentito tale, messo alla prova da questa assenza pesante e significativa. Alcune decisioni sono state prese: l'intento le farà mantenere.
L'equinozio si avvicina e questo evento mi prepara ad affrontarlo al meglio.

sabato, agosto 25, 2007

Periodi... frequenze... pulsazioni...

E' un periodo di studio e riflessione quello che sto affrontando in questo momento. Un periodo di relativa solitudine ti permette di leggerti dentro e cercare di capire su quali argomenti il tuo animo è impegnato.
La riflessione su se stessi infatti non ci lascia mai in realtà e guida più di quello che saremo portati a credere le nostre azioni quotidiane: la routine informatica è il mio lavoro, ciò che mi permette di sopravvivere in senso marxista del termine, non certo la mia vita. E non vorrei che fosse così: che tristezza vedere la propria esistenza dettata dallo scorrere dei bit dentro un pezzo sofisticato di silicio... la tecnologia ci circonda, ci aiuta e ci combatte allo stesso istante. Per me è anche il modo in cui mangio, pago l'affitto e compro quello che adesso ho intorno a me, mentre scrivo.
Periodo di riflessione, dicevo. Su cosa? Mah, sulle solite cose, niente di diverso dal solito, eppure differente da poco tempo fa: intorno a me il mondo sembra non cambiare, tutto appare come fluttuare nell'aria in un'apparente stato di immutibilità aristotelica. Eppure non è così: piccoli cambiamenti che in realtà segnano lo scorrere del tempo e dei periodi, con frequenze così basse che il comune senso dell'anima non riesce a percepire.
Il tempo scorre inesorabile ed è giusto così: ora lo sento pulsare e conto le creste della sua onda, segnando e misurando le frequenze.

mercoledì, agosto 15, 2007

Fisica... lisergica...

Della Fisica, della Psichedelia e di tutto quanto.

In sanscrito Sunyata è un termine difficilmente traducibile: solo un ardito giro di parole permette di rendere a pieno il suo significato. Sunyata, ovvero il vuoto pieno di ogni cosa. Difficile da concepire, vero? Cosa vuol dire il vuoto se questo è pieno di ogni cosa? Il mondo orientale è di difficile comprensione per noi occidentali abituati a pensare in termini di bianco o nero, vero o falso. Nella nostra società domina incontrastato il principio aristotelico del terzo escluso: un asserto può essere vero o falso, non esiste una terza possibilità.
La logica aristotelica, che è anche la base della nostra logica occidentale, prende la definizione di logica a due valori proprio da questo principio. È infatti tipicamente occidentale dividere la realtà in estremi opposti e inconciliabili, buono e cattivo, morale e immorale, bene e male, anima e corpo, materia e spirito. «A o non A», da questa dicotomica logica stringente non si scappa. Non si è mai scappati e la Fisica fino alla prima metà del secolo scorso costituiva il fiore all’occhiello di questo principio.
Leggi deterministe avevano dipinto con tratto preciso e netto i contorni di un mondo in cui l’oggetto dell’indagine era immutabile e certo: il mondo è un insieme prefissato di leggi meccaniche, indagabile con la logica e con la matematica aristotelica, in cui ogni progresso è tale se, e solamente se, la teoria riporta fedelmente il fenomeno osservato. Un procedimento che ha portato notevoli vantaggi e frutti incredibili al mondo occidentale, ma che era destinato prima o poi a giungere a un suo limite e a superarsi, rinnovandosi e sconvolgendosi oltre ogni ragionevole previsione. Una rivoluzione vera e propria sconvolse infatti la Fisica, trasformandola da classica a moderna, nel giro di poche decine di anni: erano gli anni Cinquanta quando l’ultimo pilastro crollò, lasciando la possibilità di riniziare la costruzione del palazzo della Fisica, in una forma nuova, imprevedibile, dai contorni indistinti e dalle metodologia differenti.
Il potere rivoluzionario di quella nuova Fisica, che rese ogni cosa relativa, che fuse concetti prima, e da sempre, sperati, che ebbe il coraggio (ma anche la necessità) di ricostruirsi dimenticando quanto andava dimenticato, diede uno scossone notevole, benché invisibile, a ogni altro aspetto della società. Pochi anni dopo, altri campi della scienza, come si trattasse una reazione a catena, diedero sconvolgenti risultati. Nascono così nuovi modi di affrontare problematiche antiche: Bergson sviluppa una teoria secondo la quale la funzione del cervello, del sistema nervoso e degli organi sensitivi potrebbe essere concepita come «eliminativi» oltre che «ricettiva» nei confronti delle esperienze esterne. In base a questo principio, la percezione dell’uomo è infinita, senza confini, senza freni, limitata solo da un’azione preventiva e non cosciente del sistema nervoso: l’universo è dentro di noi, ma non lo percepiamo. L’aspetto sconvolgente di questa teoria, ripresa di lì a poco dell’indagine psicologica, consiste nell’implicita ipotesi della possibilità di ampliamento della percezione ordinaria, dell’accesso mediante stati di coscienza non «normali», che abitualmente risultano inibite. Coscienza collettiva e stati di percezione alterati iniziano ad apparire non più come una malattia della mente umana ma come momenti atipici della sua «vita».
E infine, tanto attesa, giunse la rivoluzione così come tutti noi siamo abituata a pensarla, ovvero la rivoluzione sociale. Giunse dirompente, colorata, inconcludente ma profonda la rivoluzione psichedelica di Hofmann e Leary, del LSD1 e di Kessey. Giunse la Psicologia a fondersi con la Chimica, gli stati di coscienza alterati divennero sondabili con metodologie scientifiche, il sapore antico degli sciamani torno ad affacciarsi sulla bocca insipida del uomo occidentale. Si arrivo a «quell’altra terra in cui i colori sono molto più puri e molto più brillanti di quanto siano quaggiù… Le stesse montagne, le stesse pietre hanno un più ricco splendore, una trasparenza più bella, una più bella intensità di sfumature» (Socrate). Si arrivò a varcare le porte della percezione: alcuni non tornarono più indietro, altri fecero pochi passi, altri ancora vennero recuperati, tutti però irrimediabilmente mutati da un’esperienza totale e profondamente nuova. Un uomo nuovo era morto e nello stesso istante era rinato.
Fisica, scienze, Psichedelia e oriente. Concetti che sembrano così lontani fra loro, concepiti in modo differente l’uno dall’altro, distinti nel nostro modo comune di intendere e vedere il mondo. Ma vicini, profondamente vicini, quasi compenetrati secondo uno schema in parte nascosto e in parte no, uno schema illogico forse, ma ragionevole, imprevisto ma forse anche necessario. Questo è lo schema che voglio rivelarvi, il cammino che ho fatto in modo fortuito e fortunato, attraverso un percorso a tappe, che parte dalla Fisica, passa per la Psichedelia ed arriva al mondo orientale più vero. Il cammino di un uomo occidentale che vede crollare i suoi valori più forti e li ricostruisce con strumenti diversi, arrivando a vedere come la Fisica e la Psichedelia non sono molto dissimili fra loro: entrambe modi occidentali di vedere l’antico, vero e profondo mondo orientale
«Se le porte della percezione fossero abbattute, ogni cosa apparirebbe come è, infinita» così diceva William Blake, poeta e visionario di oltre 500 anni fa. Ed aggiungeva sapientemente «ma poiché l’uomo s’è da se stesso rinchiuso fino a non vedere più le cose che attraverso le strette fenditure della sua caverna».

(tratto da "Fisica Lisergica" di A.Haag e L.Gianfagna, Castelvecchi 2005)

venerdì, agosto 10, 2007

Logica irrazionale

Un asserto può essere vero o falso, non esiste una terza possibilità. Ma realmente un asserto può essere solo vero o falso?
La Logica aristotelica, che è anche la base della nostra Logica occidentale, prende la definizione di «Logica a due valori» proprio da questo principio. È infatti tipicamente occidentale dividere la realtà in estremi opposti e inconciliabili, buono e cattivo, morale e immorale, bene e male, anima e corpo, materia e spirito. «A o non A», da questa dicotomia non si scappa, non si è mai scappati, e la Fisica, fino alla prima metà del secolo scorso, costituiva il fiore all’occhiello di questo principio.
Scrive Paolo Accomazzi nel suo sito:
"La logica aristotelica, che è anche la base della nostra logica occidentale, prende la definizione di logica a due valori proprio da questo principio. E' infatti tipicamente occidentale dividere la realtà in estremi opposti ed inconciliabili, buono e cattivo, morale ed immorale, bene e male, anima e corpo, materia e spirito.
Questi semplici e innoqui giochi di parole nascondono delle prese di posizione che se non esplicitate a dovere possono far nascere delle profonde contraddizioni. Queste contraddizioni sono insite nel nostro modo di pensare e di concepire la realtà, e ce le portiamo dietro finchè non riusciamo ad identificarle alla radice. La Meccanica Quantistica, in quanto a volte in conflitto con la nostra idea classica di razionalità, ci aiuta in questo processo di chiarimento di cos'è veramente la realtà al di là dell'idea che noi ci siamo fatti di essa. Essa ci aiuta ad identificare le proprietà vere del mondo e a chiarire che l'intelligibilità del reale in termini razionali non è una proprietà del mondo ma è una proprietà del nostro modo di guardare alla realtà. E' come una persona con un paio di occhiali con le lenti rosse sul naso, che insiste a dire che tutto è colorato di rosso.
La Meccanica Quantistica, con le straordinarie sfide che impone al nostro tentativo di comprendere, è una maestra preziosa nell'opera di aiutarci a distinguere quanto della realtà abbiamo compreso veramente e quante sono invece le idee preconcette che derivano dal nostro modo di osservare la realtà. La logica a due valori è troppo povera per descrivere la realtà."
E penso che abbia ragione: la Fisica ha storicamente e moralmente il compito di indagare l’Universo, di percepirlo per quello che realmente è, ovvero di guidare l’uomo verso un forma finale di illuminazione, proprio come inteso nel sacro testo indiano. Il percorso intrapreso da questa elitaria e raffinata scienza iniziò secoli addietro, grazie ad alcuni filosofi che operarono una drastica scelta, decidendo che una e una sola era la logica della Natura e che altrettanto unico era il linguaggio in cui la Natura si esprimeva. Questa Logica era quella aristotelica, mentre il linguaggio eletto era la Matematica: perché si arrivò a questa scelta? Perchè il linguaggio allegorico dell'Alchimia non fu sufficiente? Perchè il linguaggio sacro dell'induismo non fu così forte?

domenica, agosto 05, 2007

E i blog sono così...

Popolati di lunghi silenzi e di amabilissimi ritorni... d'altronde, quando sei impegnato a vivere, o forse dovrei dire sopravvivere, non hai tempo per scrivere... non hai tempo neanche per pensare... sono di ritorno da un bel viaggio e mi sono subito ricordato quello dell'anno scorso, in parte simile e in gran parte diverso: entrambi mi hanno cambiato dentro, perchè in entrambi ho capito ancora una nuova parte di me che fino ad ora non avevo neanche mai visto... ne sono lieto, forse dovrei esserne spaventato, ma alla fine la scoperta non può che farmi piacere...
Presto racconterò ancora di questo mio viaggio, ora ho bisogno ancora un po' di sprofondare nella soffice e triste realtà quotidiana... ancora un po' più in basso, a pelo delle nuvole, morbide e fresche... lì sarò pronto per parlarne... per scrivere... per pensare...

martedì, aprile 17, 2007

Ancora per la via...

...a cercare qualcosa che forse non ho bisogno di trovare...

"There seem to two kinds of searchers: those who seek to make their ego something other than it is, i.e. holy, happy, unselfish (as though you could make a fish unfish), and those who understand that all such attempts are just gesticulation and play-acting, that there is only one thing that can be done, which is to disidentify themselves with the ego, by realizing its unreality, and by becoming aware of their eternal identity with pure being." di Wei Wu Wei

mercoledì, gennaio 31, 2007

La ricerca

Un pensiero che mi ha fatto molto riflettere e che sintetizza bene un cammino intrapreso in realtà molto tempo fa...

"There seem to two kinds of searchers: those who seek to make their ego something other than it is, holy, happy, unselfish (as though you could make a fish unfish), and those who understand that all such attempts are just gesticulation and play-acting, that there is only one thing that can be done, which is to disidentify themselves with the ego, by realizing its unreality, and by becoming aware of their eternal identity with pure being." Fingers Pointing Toward the Moon by Wei Wu Wei

giovedì, gennaio 25, 2007

Silenzio

Il silenzio spesso corrisponde all'inattività ma altre volte ha in sé la potenza della meditazione. Altre volta ancora, quando si cammina molto, lungo una strada aspra, dura e lunga, si preferisce stare in silenzio, per non sprecare le proprie forze o per meglio assaporare il cammino stesso, che spesso è ciò che realmente importa di un viaggio.
Ma alla fine, arrivati alla meta, le parole stentano ancora a ritornare: è come quando ci si trova di fronte ad un panorama mai visto... cosa dire? Nulla: ecco il silenzio contemplativo.
In fondo mi piace parlare, e scrivere, e riflettere di tutto mentre lo faccio, vagando con la mente seguito dalle dita sulla tastiera. Ma nessuno può parlare dell'esperienza... solo fornire vaghe immagini e da lì mostrare una strada percorsa e ancora incompleta...